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L’ARTE CONTEMPORANEA NELLE ANTICHE DIMORE©
E L’ARTE CONTEMPORANEA NEI CIVICI MUSEI©

Fondazione Giulia Sillato Verona

Tutti i cataloghi prodotti nell’ambito del percorso museale del MetaFormismo© esibiscono un doppio titolo, che in questo caso è L’Arte Contemporanea nei civici musei©, linea di rassegne parallela a L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore©. E ciò è spiegabile per essere il MetaFormismo© un prodotto culturale scaturito dal lungo collaudo dei cicli espositivi citati. Ma partiamo dall’inizio, procedendo per gradi.

Nel 1994 nasce l’idea di una serie di rassegne d’arte in contesti di antica storia che hanno come protagonisti gli artisti di oggi, presenti con le loro opere: L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore© che dovrà tuttavia attendere il 1997 per diventare una realtà. La manifestazione, a carattere itinerante si sarebbe rivelata di grande successo e nel 2005 sarebbe stata affiancata da L’Arte Contemporanea nei civici musei© presentata per la prima volta al Civico Museo Vittoria Colonna di Pescara.

A un’ottica altamente critica com’è quella dei tempi odierni non sfugge che molte “antiche dimore” sono anche “civici musei” e quindi non sarebbe servito creare un filone espositivo indipendente dal primo. Ma a volte le cose accadono in modo non programmato. Il primo ciclo, infatti, si legava alla previsione di creare mostre suggestive nei più bei castelli d’Italia, tutti antiche dimore, e come prima tappa del percorso veniva prescelto il Castello Ducale Bovino Savoia in Abruzzo.

Imparentata appunto ai Savoia, la famiglia Bovino vi restò sino alla fine del secondo conflitto mondiale, dopo avere ospitato il 9 settembre 1943 Vittorio Emanuele III di Savoia in fuga verso Brindisi via Pescara e di passaggio proprio a Crecchio a pochi chilometri da Chieti. Dai primi castelli e rocche ai successivi palazzi ducali il passo non è stato molto lungo. Dalla Rocca di Senigallia al Palazzo Ducale di Mantova e alla Fortezza Spagnola de L’Aquila nel giro di qualche anno

si è arrivati a Palazzo Rospigliosi Pallavicini al Quirinale nella capitale. Dotato di magnifici affreschi eseguiti da Guido Reni — il famoso Pergolato del Cardinal Borghese del 1611 — ha accolto la nostra rassegna e insieme con questa anche Rai 2, che ci ha dedicato un bellissimo servizio nel telegiornale di prima serata curato da Aldo Giorgio Salvatori e conservato nelle Teche Rai.

Il secondo ciclo, invece, è nato da un problema tecnico che ha indotto la scrivente a sviluppare una linea di mostre parallela alla prima. La sede proposta quell’anno era il Vittoria Colonna di Pescara, un museo d’arte moderna e modernissimo anch’esso nella struttura architettonica. Occorreva inquadrare la rassegna in una diversa categoria storico-critica per svincolare il luogo espositivo dalla necessità di antica dimora, trattandosi di un accattivante edificio degli anni sessanta del Novecento.

In entrambi i casi l’intento era puramente sperimentale, avendo di fronte due pesi di inquantificabile portata: da un lato il monumento, contenitore della Storia, l’opera d’Arte per eccellenza, architetture, sculture, pitture di un passato che tutto il mondo ci invidia, dall’altro il capitale umano, evidentemente non meno rilevante. Mettere insieme due mondi distanti nel tempo e nello spazio, due polarità estetiche per certi versi opposte. Questo è stato il mio intrigante esperimento.

La mia formazione longhiana avrebbe imposto, come di fatto è stato per molti anni della mia vita, ambiti di interessi e ricerca del tutto tradizionali, ma la mia inclinazione è sempre andata nella direzione opposta, spinta dal forte desiderio di immergermi in un mondo sconosciuto. Quale sorpresa nel verificare che l’arte moderna può palesarsi agli occhi clinici di un longhiano straordinariamente ricca di diaframmi e significati.

Munita pertanto delle metodologie acquisite nel corso dei miei studi pregressi, iniziai a muovermi nel mondo contemporaneo. Di esso intendevo verificare subito due aspetti: 1. La compatibilità, apparentemente impossibile, dei contemporanei con l’arte classica, che tuttavia già a metà dell’Ottocento entra in una fase di lenta dissoluzione formalistica, 2. la sopravvivenza ad oggi delle Avanguardie responsabili della rivoluzione artistica del Novecento.

Quale occasione poteva rivelarsi migliore di un’impresa espositiva che metta gli artisti di oggi direttamente a confronto con le nostre antichità? Presto mi resi conto che l’idea non piaceva solo al suo autore, ma anche a chi, per nulla affatto preoccupato di stabilire nessi concettuali tra antico e moderno, tra passato e presente, si limitava ad emulare il mio personale know-how per solo clamore pubblicitario.

Il MetaFormismo© è una nuova teoria visiva volta a conciliare l’opposizione antico-moderno. La convinzione che non si possa mai prescindere dalla storia del passato, per quanto la si possa mettere in discussione nel tentativo, peraltro umanamente legittimo, di trovare nuove strade da percorrere, diventa così il principio regolatore degli eventi e delle pubblicazioni di cui sono autore, fondati sul singolare connubio tra forme artistiche contemporanee e forme artistiche del monumento ospitante.

La parola MetaFormismo© — da cui l’aggettivo metaformale e il sostantivo metaforma — è un nuovo conio, tutelato in quanto tale da Copyright, ottenuto invertendo le lettere centrali di metamorfismo, termine ben più antico e conosciuto. Il prefisso meta, di origine greca, indica la condizione del dopo ma anche del tra e prefisso a forma, diventa uno strumento di conoscenza di tutte le possibili trans-mutazioni della forma nell’arte.

In sostanza il MetaFormismo©, lontano dal voler essere un movimento o una corrente, si traduce in un orientamento utile a decodificare espressioni artistiche non figurative, potendosi dimostrare che un’opera d’arte non figurativa è piena di forme che attendono solo di essere lette e comprese e tutto questo è scaturito dalla comparazione diretta tra forme del passato e forme del presente.

Ogni appuntamento espositivo è corredato da un catalogo di firma editoriale che dedica la sua prima sezione al luogo che ci ospita. Ricca di patrimonio conoscitivo, questa introduzione alla grande storia prepara il terreno alla presenza in campo di un gruppo limitato di artisti volutamente prescelti, tra i più geniali e coraggiosi, al di fuori degli scontati circuiti commerciali. Saranno loro i maestri del nostro futuro: è bene tenerlo in considerazione.

Qui vengono raccontate ben tre storie: dalle vicissitudini drammatiche del porto di Genova, che rinasce nel palazzo del Galata trasformato in Museo del Mare da un architetto spagnolo di fama mondiale; alle imprese assistenziali compiute dai Cavalieri Gerosolimitani nella silente Genova del Medioevo, dove la Commenda di Pré era un perno religioso ed economico di peso esclusivo per i genovesi dell’epoca;

e infine alle peripezie esistenziali di Adamo Centurione, ricco banchiere imparentatosi con Andrea Doria nel corso della conquista spagnola e per questo proprietario di una delle ville più belle della costa ligure, che oggi ospita il Museo Navale di Pegli. E gli artisti presenti in questa avventura? Chi è qui con noi in questa bellissima mostra ha già una certa età e ha già lavorato tanto, quindi conosce bene il senso della storia.



Giulia Sillato, luglio 2016©