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LE MAGICHE ATMOSFERE SOTTERRANEE
DI ROCCA PAOLINA

Fondazione Giulia Sillato Verona

Nelle prefazioni dei cataloghi precedenti ho trattato costantemente del MetaFormismo© in quanto fenomeno di trasmutazione continua della forma in tutte quelle espressioni del contemporaneo che, pur prive di figure oggettivamente riconoscibili, appaiono tuttavia ricche di forme libere che attendono una revisione critica sia di lettura sia di linguaggio.

E questa interviene puntualmente con la singolare teoria messa a punto dalla scrivente dopo molti anni di studi e indagini sul campo. Premessa necessaria fu la scelta, fatta intorno alla metà degli anni novanta del Novecento, di allestire opere contemporanee non figurative in architetture di antica monumentalità, scelta che ha prodotto una serie di rassegne inedite, al momento 32, consultabili in appendice.

I pregevoli lavori di artisti non ancora ufficializzati dalla storia sono riusciti a entrare in luoghi consacrati dalla storia stessa, tutti risalenti a epoche in cui l’arte — assai lontana dal disegno introspettivo dell'artista moderno — era solo evoluzione storica (architettura), narrazione storica (pittura e scultura) e coinvolgeva l’operato di intere collettività di artigiani.

La contrapposizione anticomoderno intesi, più che come realtà divise tra loro da un intervallo spazio-temporale, come valori di pensiero e modi di costruire un gusto o uno stile, si rivelerà presto il criterio ispiratore della linea espositiva che de L'Arte Contemporanea nelle antiche dimore© confluita infine nel MetaFormismo©, vocabolo coniato nel 2010 per definire una nuova lettura dell’arte non figurativa di cui la scrivente detiene il diritto d’autore.

Il MetaFormismo© nasce dal confronto tra il contemporaneo e la storia che lo ha preceduto perché è stato il suo stesso passato a dimostrare che la forma nell’arte non resta mai fedele a se stessa, ma continua a cambiare secondo dinamiche non prevedibili, come nel caso — tanto per fare qualche esempio tra i più eclatanti — della virata dal Classicismo al Manierismo o di quella, ancora più complessa, dal Barocco al Modernismo e così via in un’ampia casistica.

Se poi all'inizio del Novecento l’artista ha cominciato a sentire la “necessità spirituale”, come asseriva Vasilij Kandinskij, di rompere l’ordine costituito delle discipline accademiche per esprimersi in totale libertà formale generando l’Astrattismo, universalmente accettato senza battere ciglio, non ci si sorprenda se la scrivente sia pervenuta alla convinzione che possa infine esistere una chiave per entrare in una scrittura artistica che insiste da cento anni senza alcuna decifrazione.

La chiave per entrare è appunto la forma — Meta-Form-ismo — che, se disciplinata dal sistema segnico tradizionale, sfocia nell’oggettività e quindi nella riconoscibilità. Se invece essa appare libera, anarchica e ribelle a qualsiasi sistema minacci di ingabbiarla, allora ci si deve spingere oltre le apparenze sensibili per riuscire a percepirla come logos. Cento anni quasi esatti distanziano il MetaFormismo© dal trattato Lo Spirituale nell’Arte, datato per l’appunto 1911.

Vasilij Kandinskij in questo suo primo ampio trattato sancisce la nascita ufficiale di un’arte fondata su una forma pittorica che è soprattutto forma interiore. Ma quale è il contenitore architettonico più adatto ad accogliere opere così audacemente anticlassiche per farne delle istruttive mostre d’arte contempoanea? I retaggi medievali sono sempre stati i più idonei ad accogliere esempi di moderna creatività.

Dalla pittura alla scultura e all’installazione, non escluse le performances, hanno trovato albergo presso Castel dell’Ovo a Napoli piuttosto che, per essere in tema, presso Rocca Paolina a Perugia, espressioni artistiche odierne temporaneamente sposate a presenze architettoniche asettiche e neutre, dove alla loro epoca sull’aspetto estetico e ornamentale prevaleva la funzionalità e l’efficienza, soprattutto nei frequenti periodi bellici.

Sembra che sia proprio il caso di rocche e castelli variamente databili dall’alto al basso Medioevo, le cui forme essenziali e moderne — prima che la storia arrivasse a elaborare l’idea di una modernità, come ben osservarono Ferdinando Bologna e Giulio Carlo Argan — si coniugano perfettamente con le produzioni degli artisti del XX e XXI secolo, capaci di destrutturare l’immagine e ridurla a una pregnante segnicità destinata a scatenare un impatto visivo di tipo concettuale.

Gli spazi sottostanti al Palazzo della Provincia di Perugia, dove ai secoli oppongono resistenza i resti di quella che fu Rocca Paolina, fanno parte della rosa dei luoghi atti a confrontarsi con opere contemporanee e, come si racconta nella prima parte del catalogo, essi non sono altro che le stanze dei palazzetti appartenuti alla famiglia dei Baglioni, Signori di Perugia nel Quattrocento.

Sono gli ambienti sopravvissuti alla demolizione del Borgo Baglioni, voluto nel 1540 da papa Paolo III Farnese, e alla conseguente destrutturazione di Antonio da Sangallo il Giovane prevista per innestarvi l’architettura della Rocca Paolina. Li si riconosce dai basamenti in muratura di pietra grossa, risalenti al XII e XIII secolo, mentre i sormonti in laterizio del XVI secolo li proiettano in quella seconda vita che fu loro concessa diventando le fondamenta stesse della nascente Rocca.

È un abitato risalente al Duecento — quando si forma la genealogia della famiglia perugina — che non si sarebbe separato dal suo originario aspetto asciutto e severo se non ai primi del Cinquecento, quando Braccio Baglioni, uno dei Signori più illuminati della dinastia, decise di renderle più “residenziali” chiamando ad affrescarle Domenico Veneziano, che ovviamente ne rafforzò l’ineffabile carisma.

Ancora oggi aleggia in queste stanze quell’ascetismo umbro, prodromo della cultura devozionale francescana, che ha segnato molti luoghi dell’Umbria dal XII secolo in poi. Le numerose vicissitudini belliche causate dall’antipapismo dei Baglioni sbriciolarono i rivestimenti decorativi delle nobili dimore, ma l’ossatura muraria, successivamente sigillata dal ricompattamento strutturale delle fondamenta, continua a risplendere d’antico in una dimensione magica che va oltre il momento presente.



Giulia Sillato, giugno 2017©