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NOI SIAMO QUEL CHE LA STORIA
HA VOLUTO CHE FOSSIMO

Fondazione Giulia Sillato Verona

Sfogliando l’elenco delle prime 30 Edizioni delle Antiche Dimore, nonché delle 3 dei Civici Musei (qui in appendice), alcuni si chiederanno che tipo di arte contemporanea possa risultare compatibile con la vetustà dei magici luoghi in cui sono state celebrate queste rassegne, come ora il Palazzo della Cancelleria Apostolica Vaticana, uno dei siti più misteriosi e suggestivi della capitale. Singolarità, questa, messa in risalto dalla tipologia editoriale dei relativi cataloghi che prevede, come preludio alle opere esposte, una larga illustrazione del contenitore architettonico con interessanti digressioni sulle nostre antichità.

A dire il vero non tutte le forme dell’arte del XXI secolo, a mio avviso, sono esponibili in questi spazi. Purtroppo però una moda, dilagata da quando la scrivente ebbe l’idea circa 25 anni fa di fare aprire le porte delle antiche dimore, spesso sedi museali, ad artisti viventi, ha favorito l’accesso di tutti o quasi a questi templi dell’arte e della conoscenza. Il nostro messaggio tuttavia traspare dalla lettura di queste pagine, invitando il pubblico non dimenticare che

Oggi siamo nel modo in cui
la storia stessa ci ha voluto

Altri ancora si chiederanno cos’è questo MetaFormismo©, esibito a governare una vicenda che negli anni ha visto a confronto i più illustri monumenti del nostro patrimonio artistico-culturale con opere di autori viventi tra le più degne. Per rispondere a tali interrogativi necessita prima sviluppare alcuni concetti, intanto premettendo che la scrivente non avrebbe mai intrapreso un percorso privo di prerogative all’insegna del gusto e della bellezza.

Ella si sente anche di riconoscere rilevanza intellettuale a tutti coloro che, dalla fine dell’Ottocento in poi si sono cimentati in proposte non legate all’accademia intesa come necessità. Lo stesso Vasilij Kandinskij si era convinto che per fare buona pittura fosse sufficiente la sensibilità individuale al colore, traendo poi capolavori da tali convinzioni poi tramandate alla storia. E proprio su questa via ci inoltrammo per iniziare un’avventura che avrebbe aperto a tutti le porte di un nuovo universo: il mondo delle forme.

Il nostro è tutt’altro che un giudizio nei confronti dell’apprendimento accademico, anzi precisiamo che nel gruppo prescelto per questa rassegna romana qualcuno ha recentemente conseguito il diploma accademico di primo livello e molti altri lo hanno fatto già da tempo, esercitando oggi attività di docenti in istituti di indirizzo artistico. È piuttosto la presa di coscienza di quanto l’arte, intesa come rappresentazione del reale, sia una conquista talmente radicata nella storia delle arti visive da potersi ragionevolmente considerare anche superata.

Velocemente trapassata dai fulgori del Classicismo, espresso anche dall’antica Romanità — di cui questa sede è un magnifico esempio —, alla decadenza del Medioevo cristiano, l’arte rinascerà perpetuandosi fino ai giorni nostri come icona assoluta. Vivere l’arte e nell’arte significa anche tentare nuove strade, tant’è che fu proprio lo spirito di ricerca a muovere Giotto verso l’individuazione dei mezzi atti a “tornare alle sembianze dei greci e dei latini”, per tornare alla perfezione classica della rappresentazione naturalistica.

Andare significa anche tornare oppure andare verso qualche altra meta. E se quella strada si può dire oggi percorsa sino in fondo, al punto che dagli scenari pittorici tradizionali si è arrivati alla moderna competizione tra arte e fotografia e alla contemporanea competizione tra arte e tecnologia, altre aperture ci attendono, e ciò è possibile solamente in ambito non figurativo, dove contenuti, modalità e materiali si muovono all’interno di un ventaglio di infinite possibilità espressive, dimostrando in tal modo l’indistruttibilità di una sperimentazione senza fine.

Porsi su un piano narrativo per così dire aniconico favorisce un dialogo costruttivo tra il presente e il passato: da una parte abbiamo il contenitore (monumento ospitante), ricco di forme artistiche prodotte in epoche leggendarie da abilissimi artefici, dall’altra abbiamo il contenuto (arte contemporanea non figurativa), ricco di imprevedibili idee plasmate sulla materia, pittorica e non, da artisti intenzionati a lasciare una traccia della propria vita interiore, coscienti della propria distintiva caratterialità.

All’antico che si manifesta con forme dettate dalla conoscenza accademica si oppone il contemporaneo con le sue forme libere e totalizzanti, ma in entrambi i casi forme e solo forme: le prime legate a modelli, le altre anarchiche e talvolta velleitarie, ma queste ultime potenzialmente capaci di impostare i termini di sinergiche equazioni visive. Solo una forma libera può porsi sullo stesso piano del modello classico proprio perché da questo, sia pur lontanamente, essa discende e a quello può ritornare, ovviamente ricomponndosi.

Ecco cos’è il MetaFormismo©! È una nuova chiave di lettura del mondo artistico che antepone a qualsiasi valore critico e cognitivo l’importanza della forma come quintessenza dello spirito creativo. È nelle forme che dobbiamo ricercare la verità di un’opera d’arte, non importa se descrivono il mondo riconoscibile o se si divertono a gettarci in confusione tra grovigli indistricabili di segni e ammassi assolutamente incomprensibili di materiali vari.

Sino ad oggi l’arte ha descritto, ha illustrato con dovizia di dettagli e si è già detto che continua a farlo, ma anche lì dove sembra che sia stanca di usare un linguaggio troppo esplicativo, tentando di ritirarsi in una dimensione ermetica, quello è il momento in cui dobbiamo decidere di raggiungerla per indagarne le pulsioni più profonde, ben sapendo tuttavia che

ciò che scopriremo
non sempre ci piacerà

Giulia Sillato, ottobre 2016©