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TRACCE PER UNA LETTURA INTELLIGENTE DELL’EVENTO
Fondazione Giulia Sillato Verona

Ancora una volta, a distanza di otto anni dalla sua apparizione sulla scena storica, mi trovo a dover spiegare cos’è il MetaFormismo©, nato appunto nel 2010, ma soprattutto qual è il nesso tra l’evento, il catalogo e questo nuovo conio assoluto. Tutto parte da un ciclo itinerante di mostre, L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore©, di grande fortuna mediale, conservato ancora oggi come sottotitolo e qui alla sua 33 Edizione, avviato dalla scrivente nel 1997.

Amante da sempre dei linguaggi non figurativi, mi divertivo a contestualizzare in ambienti di antica bellezza i lavori artistici dei nostri contemporanei. E quale stupore nel riscontrare che in forza di questo confronto spazio-temporale emergevano come d’incanto sinergie cromatiche e formali tra gli uni e gli altri, destinate, diversamente, a restare occulte!

In tutti questi anni ho avuto modo di confermare a me stessa quanto avevo intuito nei lunghi anni della mia docenza di storia dell’arte a proposito dei manifesti di rottura con il classico, propugnati dalle avanguardie del Novecento e in particolare da Umberto Boccioni, il grande futurista. Alla sua voce, come è noto, si univa quella di Filippo Tommaso Marinetti.

Insieme auspicavano una rivoluzione totale nel modo di pensare e fare arte, inneggiando all’abbattimento di accademie e musei, anche se nella celebre scultura Forme uniche della continuità nello spazio del 1913 è l’impostazione accademica a guidare e a gestire il rapporto fra le parti, come anche nei vari ritratti pittorici della madre. I futuristi tuttavia, nonostante le intenzioni programmatiche, furono quelli che si sganciarono più lentamente di tutti dal concetto di classicità.

Nei primi anni del XX secolo, invece, Frantisek Kupka e Vasilij Kandinskij si erano lanciati direttamente nel mondo delle forme cosiddette astratte senza passaggi intermedi, diventano in breve i veri pionieri dell’Astrattismo. Ma anche in questo caso le loro opere non erano, né avrebbero potuto essere, completamente scisse dal concetto di forma. Ecco, proprio questo è il punto!

Negli accostamenti tra l’antico e il moderno, ogni volta diversi e intriganti — oggi un palazzo affrescato del Cinquecento, domani un castello medievale del Trecento e poi ancora una villa veneta o un museo nazionale archeologico — vedevo un continuo rincorrersi di forme tra le due polarità protagoniste della nostra avventura, per non parlare delle rispondenze, a volte sorprendentemente perfette, tra i colori.

Dopo accurate ricerche d’archivio, sempre dimostrate da esperienze sul campo, ho finito con l’ammettere che la forma è un logo universale e, in quanto tale, trascende il tempo e lo spazio, qualificandosi con un programma segnico diverso da epoca a epoca. Convinta nel modo più assoluto dell’inattualità dell’astrattismo, mi sono chiesta se fosse giusto continuare a indicare come astratte le opere non figurative.

L’idea di una forma che non è mai la stessa, che obbedisce a dettati diversi da un’epoca all’altra, che si compone ma poi si scompone per ricomporsi ancora in un sequel senza fine... ecco, questo fenomeno mi ha suggerito di concepire una struttura linguistica dinamica che con il prefisso greco meta (movimento trascendente) fosse in grado di comunicare il rispetto per la forma tradizionale, ma anche la necessità di un’apertura concettuale verso orizzonti inediti.

Di questo splendido palazzo del Trecento trevigiano abbiamo avuto modo di apprezzare l’antica storia di architettura romanico-gotica e di essa abbiamo diffusamente parlato nella prima parte del saggio perché il MetaFormismo© esiste in virtù della storia e a essa è strettamente vincolato. È sempre la storia, custodita dal nostro DNA a guidare le nostre azioni e le nostre scelte, ed è giusto che sia la storia il teatro di un’esposizione di opere non figurative.

Dalla storia esse trarranno la luce necessaria per essere meglio comprese e interpretate. Il MetaFormismo© dunque è una pagina nuova nella storia dell’arte: invita a rivedere i parametri critici sinora sostenuti — a torto o a ragione — del concetto di arte, sollecita a

Riportare l’arte
negli ambienti dell’arte

e quindi a qualificarla (o riqualificarla) nel suo reale valore, liberandola dall’inutile responsabilità di poter essere tutto o niente a patto che lo sottoscrivano gli emulatori di Marcel Duchamp.

La società odierna vive su criteri esistenziali instabili e privi di riferimenti e l’arte ne è il fatale riflesso, tendendo ad omologarsi a essa. Questa è la ragione per cui occorre una visione artistica nuova, che ridefinisca gli antichi valori (la storia) e al tempo stesso apra nuove prospettive critiche — MetaFormismo© — senza dimenticare tutto il percorso compiuto sin qua.

Nel nostro caso la storia è rappresentata dalla monumentale presenza dell’architettura ospitante, prescelta con grande attenzione in ogni luogo della nostra magnifica e invidiata penisola. Un viaggio appassionante per antiche dimore, appunto, spesso sedi di musei, che non finisce mai di stancare la mente e lo spirito di chi guarda lontano. Ed è sempre ogni volta un confronto rinnovato tra personaggi del passato e personaggi di oggi alla ricerca di se stessi attraverso l’arte.

Il presente, possibilmente anche il futuro, è rappresentato dai quadri e dalle sculture di chi ancora vuole cimentarsi in un’impresa di cui non è chiaro il destino tra l’indifferenza generale. Il MetaFormismo© è appunto questo: la capacità di vedere il passato e il presente allineati sulla stessa lunghezza d’onda in un prodotto espositivo che è decisamente metaformale.

Ma se con il vocabolo MetaFormismo© si vuole indicare una rilettura totale delle arti non figurative mediante la forma, esso ripercorre a ritroso tutte le vie dell’Astrattismo, ma questa è un’altra storia e la racconteremo nel prossimo appuntamento espositivo



Giulia Sillato, Giugno 2018©