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CLASSICISMO E METAFORMISMO©
Fondazione Giulia Sillato Verona

Ricordo che, quando nel 1994 ebbi l’idea di un ciclo itinerante di rassegne d’arte con opere di autori viventi e lo intitolai L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore©, mai e in nessun istante pensai di sbattere dentro a un rispettabile monumento qualsivoglia numero di artisti, veri o presunti. La mia intenzione era del tutto critica e del tutto sperimentale: la metabolizzazione, avvenuta ormai da anni, dei contenuti di tutti i manifesti d’avanguardia che hanno fatalmente segnato la storia dell’arte del Novecento, mi spingeva sulla strada della sperimentazione, non come artista ma come storico.

Scelta atipica, questa, perché la formazione longhiana mi avrebbe imposto un ambito di studio istituzionale, che non conosce avversari, mentre la mia naturale inclinazione andava, e va, nel verso opposto e quale sorpresa nel verificare che, contrariamente a fedi invalse nel mondo dell’arte antica, l’arte moderna può palesarsi, agli occhi scientifici di un longhiano, straordinariamente ricca di diaframmi e significati.

Munita quindi delle metodologie acquisite dai miei studi pregressi, iniziai a muovermi nel mondo contemporaneo, di cui intendevo verificare subito due aspetti: 1. il livello di sopravvivenza — nelle espressioni artistiche di questi ultimi trent’anni — di quei linguaggi avanguardistici, che hanno rivoluzionato il XX secolo 2. la compatibilità nascosta di essi con l’arte classica, ribaltata nella forma a partire dalla fine dell’Ottocento, ma concettualmente sempre sottintesa a qualsiasi operazione artistica.

Da qui la non attualità della parola informale, legata a un epoca in cui il concetto di forma non si era ancora sviluppato nella sua multivalente struttura, come la pittura più recente ha dimostrato. E con questi precisi scopi, quale occasione può rivelarsi migliore di un impresa espositiva che metta i maestri di oggi direttamente a confronto con le nostre antichità? L’idea non è piaciuta solo al suo autore, ma anche a chi, per nulla affatto preoccupato di stabilire nessi concettuali, si limitava ad imitare il risultato dei miei studi per sola esigenza di clamore pubblicitario.

Il prefisso greco meta ha due valenze di significato, entrambe sincroniche, intendendo oltre ma anche tra dello spazio temporale. Applicate al concetto di forma, suggerisce tutte le possibili tras-form-azioni di essa, dalla sostanza all’apparenza e viceversa. Il bisillabo, infatti, viene utilizzato prevalentemente in geologia che, come è noto, si occupa della terra e di tutti i fenomeni di vitalità della medesima.

Nell’arte il MetaFormismo©
viene introdotto in questo momento
e per la prima volta da chi scrive

In tale ottica anche l’Impressionismo si può considerare un primo accenno al MetaFormismo© per il semplice fatto che, sradicata la forma dalla sua collocazione secolare, resta un linguaggio fatto di possibili segni, ma soprattutto di colore e, se 50 o 60 anni più tardi l’artista deciderà di seguire l’esempio di Alberto Burri e utilizzare a scopo pittorico strumenti e materiali che di per sé non lo sono, allora la dimensione metaformale sarà totalizzante.

Con il MetaFormismo© non intendo istruire movimenti o correnti. Intendo suggerire un orientamento storico-critico che, per l’ampia gamma di sfumature semantiche ed estetiche, è sicuramente estensibile a tutti i fenomeni artistici d’urto del XX secolo, restando escluse tutte le forme d’arte basate sulla rappresentazione del reale, largamente sostituite, oggi, da mezzi tecnologici e prima di essi dalla fotografia, come avevano ben intuito gli impressionisti che si strinsero attorno al fotografo Nadar.



Giulia Sillato, novembre 2010©